Historie Medievali The life of: Cola di Rienzo

XIV Secolo, Roma. In una città straziata dalle lotte intestine fra Papi e baroni, un uomo cercherà di difendere gli ultimi, ergendosi a loro difensore e definendosi uno degli ultimi tribuni della plebe. Quella che potrebbe sembrare la tagline di un film moderno, è la sintesi della vita di un grande uomo medievale, Nicola di Lorenzo Gabrini, chiamato dai romani, Cola di Rienzo.

Cola di Rienzo, rappresentato in una statua decorante la scalinata di accesso al palazzo del Campidoglio

Nicola nasce nel 1313 in un rione in pieno centro a Roma, il rione Regola, in una casa non lontana dal ponte Rotto, nei pressi dell'isola Tiberina. Figlio di un taverniere e di una maddalena, visse un'infanzia piuttosto modesta. Estremamente brillante ed intelligente, si appassionò ai ruderi testimonianti il passato glorioso della sua città di origine. Roma, all'epoca, era poco più di un villaggio di agricoltori ridotto, alla miseria dalle lotte intestine fra papi e nobili.

Tor Crescenzia si ritiene essere la casa natale di Cola di Rienzo

Il desiderio di voler leggere gli antichi epitaffi e le lapidi, oltre che quello di conoscere la storia antica, porta il ragazzo ad approfondire gli studi umanistici e diventare notaio. Divenuto anche un ottimo oratore, viene mandato alla corte papale di Clemente IV ad Avignone come ambasciatore popolare del governo della città di Roma. Ad Avignone dove racconta dei soprusi e delle angherie che i nobili della sua città natale infliggevano alla povera gente: «lli baroni de Roma so derobatori de strada: essi consiento li omicidii, le robbarie, li adulterii, onne male; essi voco che la loro citate iaccia desolata.», affermava Cola presso la corte papale. Ragion per cui, Clemente IV lo rimanda a Roma con la carica di notaio della Camera Apostolica, che era una delle figure chiave nell'amministrazione del tesoro cittadino, oltre ad avere competenze legislative e giudiziarie.

Colo sapeva che il popolo romano era analfabeta; così, per comunicare con i romani, adottò lo stratagemma di riempire la città di affreschi: fece dipingere un primo affresco sulla facciata del Campidoglio: esso mostrava Roma in piena tempesta, in mezzo ai corpi di altre città gloriose ormai cadute, circondata dalle allegorie di tutti coloro che volevano sbranarla. Un altro affresco, posto in San Giovanni in Laterano, invece mostrava il popolo romano che, attraverso il senato, dava il potere all'imperatore Vespasiano. Un terzo affresco che fece dipingere in Sant'Angelo alla Peschiera, rappresentava Roma, in figura allegorica di vecchia anziana, che cercava di sfuggire alle fiamme, con i santi Pietro e Paolo che cercavano di metterla in salvo. Purtroppo, tutti e tre gli affreschi sono andati perduti; ma si dice che ebbero grande presa sulla popolazione, che pativa angherie e miserie da parte dei potenti locali.

Chiesa di Sant'Angelo in Pescheria, presso il portico dì Ottavia, dove era presente uno dei tre affreschi commissionati da Cola di Rienzo.
Ed infatti, un gruppo di cittadini si riunì con Cola in segreto, in un monastero dell'Aventino, ed insieme stabilirono come prendere il potere a Roma. A fine aprile 1347, Cola, scortato da un centinaio di uomini, salì le scalinate del Campidoglio, preceduto da tre gonfaloni, e fece un accorato discorso alla popolazione: Roma rappresentava sia la sede del papato che quella teorica dell'impero; ma l'essere fra questi due immensi poteri, aveva ridotto alla miseria il popolo.  Ragion per cui, desiderava un comune guidato da rappresentanti del popolo di Roma. Le sue idee ed aspirazioni principali erano le seguenti:

  • limitare la violenza privata tramite legge del taglione (applicare la stessa pena proposta da un eventuale calunniatore);
  • introdurre un embrione di welafare destinando risorse pubbliche al sostegno delle fasce di popolo più deboli;
  • stabilire un nuovo rapporto coi baroni in cui non assoldano malfattori, che usino il loro potere per il benessere di tutti e non per consolidare il potentato di alcuni.
Disegno cinquecentesco di piazza del Campidoglio, prima della sistemazione attuata da Michelangelo Buonarroti, e così come sarebbe dovuta apparire ai tempi di Cola di Rienzo.

Queste idee infiammarono la popolazione, che acclamò Cola di Rienzo signore del Comune di Roma. Ma i baroni andarono su tutte le furie: Stefano Colonna tornò a Roma per stracciare l'editto; diversi altri baroni occuparono i ponti. Roma era sull'orlo della guerra civile.
Stefano Colonna venne fermato e messo in fuga dal popolo, mentre Cola di Rienzo intimò ai baroni di liberare i ponti e di ritirarsi nei loro territori fuori città. Inoltre giustiziò sommariamente chiunque si era reso responsabile di episodi rissosi, e si fece nominare tribuno del popolo romano. I baroni cercarono di organizzare una congiura; ma per via degli attriti presenti fra loro, non ci riuscirono.
La situazione preoccupante, convinse i vari baroni a giurare fedeltà a Cola: cominciò proprio Stefano Colonna, poi gli Orsini e così via.
Per Roma cominciarono anni finalmente floridi: si crearono importanti classi di giudici, notai e commercianti; e l'intento comune era quello di ridare a Roma l'antica grandezza delle epoche mitiche, ormai perdute nei meandri della storia. Cola di Rienzo era rispettato ed onorato da popolo e nobili; ed il tribuno del popolo cercava la pace e rapporti diplomatici con tutte le città italiane, a prescindere dal loro parteggiare per l'Imperatore o per il Papa. Ma la megalomania, presto, avrebbe fatto prigioniero il politico illuminato per lasciar posto al despota tiranno.

Federico Faruffini: dipinto ottocentesco di Cola di Rienzo che contempla le rovine di Roma

Cola si proclamò cavaliere a Roma, fece arrestare i Colonna e gli Orsini che lo sostenevano; totalmente impazzito, si diede alla gozzoviglia, ai piaceri del vino, del cibo e della carne, rischiando più volte il sollevamento popolare, che ora odiava il signore del comune di Roma. I baroni arrivarono alla guerra con le forze armate di Cola, e alla fine, l'ormai ex tribuno del popolo, si dovette rifugiare a castel Sant'Angelo, dove venne accusato di eresia. Intorno al 1350, Cola riuscì a fuggire da Roma e a rifugiarsi in Boemia dove riesce, in appena quattro anni, a rifarsi un nome e a tornare a Roma. Ma ormai il politico è irriconoscibile: grasso, alcolizzato, incline alle battute a sproposito. Dopo una breve parentesi amministrativa la popolazione, stizzita dalle gabelle che richiedeva, chiede la sua destituzione.
Cola cerca di scappare, ma viene catturato per essere messo sotto processo; ma un gruppo di popolani lo pugnala a morte e lo lincia. Il suo cadavere viene appeso di fronte a palazzo Colonna, per poi essere bruciato davanti al mausoleo di Augusto tre giorni dopo.

Palazzo Colonna, dove viene appeso il cadavere di Cola di Rienzo
Le sue ceneri verranno sparse nel Tevere, ma rimarrà comunque intaccata la memoria del lungimirante statista che voleva restaurare la gloria di Roma; cosa che riuscirà ai Papi, nei secoli a venire.

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